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Addio a Renato Dulbecco

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view post Posted on 21/2/2012, 00:20

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Addio a Renato Dulbecco



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E' morto Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina nel 1975. Pioniere delle ricerche sulla genetica del cancro, era nato a Catanzaro nel 1914. Fra due giorni avrebbe compiuto 98 anni. Se n'è andato in California, nella sua casa di La Jolla, dove viveva con la famiglia. La sua lunga carriera ha dato grande impulso alla medicina personalizzata e alla possibilità di dare a ogni paziente il farmaco giusto. "Era un preveggente, una persona rigorosa ma di grande gentilezza", ricorda Paolo Vezzoni, uno dei suoi più stretti collaboratori al Cnr di Milano.

Appassionato di fisica, chimica e matematica, Dulbecco si laurea in medicina all'università di Torino a 22 anni. Undici anni dopo, nel '47, lascia l'Italia per gli Usa, chiamato dal futuro premio Nobel Salvador Luria all'Università di Bloomigton, nell'Indiana. E' la svolta, anche se il suo legame con l'Italia rimarrà sempre molto forte.

Negli Stati Uniti Dulbecco studia i "fagi", virus batteriofagi, i meccanismi cellulari che riparano il Dna quando è danneggiato da radiazioni. Viene poi chiamato al Cal Tech, California Institute of Technology, dove diventa professore ordinario e si dedica allo studio dei virus di origine animale. Molti i successi di una carriera lunghissima: nel 1955 isolò il primo mutante del virus della poliomielite, che servirà a Sabin per la preparazione del vaccino.

Cinque anni dopo iniziò ad interessarsi della ricerca oncologica, studiando virus
animali che provocano fenomeni di alterazione delle cellule e che determinano forme di cancro invece di provocare la morte delle cellule stesse. La sua indagine si spinse a livello molecolare invece di arrestarsi alla superficie delle cellule. Scopre anche che il Dna del virus viene incorporato nel materiale genetico cellulare, per cui diventa quasi come un gene nella cellula medesima. E che la cellula subisce un'alterazione di tipo permanente.

Nel 1972 ebbe una breve parentesi londinese, allo Imperial Cancer Research Fund, dove continuò gli studi di oncologia. Per questi studi e "per le sue scoperte in materia di interazione tra virus tumorali e materiale genetico della cellula" nel 1975, insieme a David Baltimore e Howard Temin, che erano stati suoi allievi, gli venne conferito il premio Nobel per la medicina. Ritorna poi negli Stati Uniti, al Salk Institute di La Jolla, in California, dove ancora viveva.

"Era una persona estremamente seria sul lavoro, con tutti. Ma anche molto gentile. Fermo, rigoroso, dava giudizi in modo chiaro e diretto. Era una rarità nel panorama scientifico italiano. Se dovessi scegliere una caratteristica per ricordarlo, è proprio la serietà che mi viene subito in mente", racconta a Repubblica.it Paolo Vezzoni.

"Sono stati i suoi lavori sui virus oncogeni, che riuscivano cioè a trasformare una cellula sana in una cellula tumorale, a portarlo al Nobel", spiega. "Vedeva più in là degli altri, è stato un preveggente, concentrandosi, fra i primissimi, sulla genetica dei tumori. E all'avanguardia è rimasto per diversi anni", conclude Vezzoni.

Per il mondo della genetica, se n'è andato un modello. "Aveva capito oltre 25 anni fa che la strada per combattere il cancro è quella della medicina personalizzata", dice Giuseppe Novelli, preside della facoltà di medicina e chirurgia e direttore dell'Istituto di genetica umana dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata. "Era un punto di riferimento, a cui dobbiamo moltissimo", commenta.

Tornato negli Stati Uniti, nel 1986 Dulbecco lanciò la sua ultima grande impresa: identificare tutti i geni delle cellule umane e il loro ruolo, per comprendere e combattere concretamente lo sviluppo del cancro: è il "progetto genoma", allargato poi a tutto il mondo come progetto di collaborazione internazionale al quale Dulbecco ha lavorato negli ultimi anni presso l'Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Milano. L'esperienza si concluse nel 1995 e Dulbecco, deluso, si trasferì di nuovo negli Stati Uniti. "Ma per l'Italia ha continuato a ricoprire un ruolo importante, anche a livello sociale", dice ancora Vezzoni.

Quella matricola dagli occhi nerissimi, con l'aria trasognata ed assorta, come lo ricordava all'università Rita Levi Montalcini, che divenne sua cara amica, ha avuto una vita decisamente piena: durante la guerra fu mandato a combattere in Russia, nel 1945 fece parte della Giunta popolare della città di Torino, ma capì in fretta che la sua strada era un'altra e puntava verso gli Stati Uniti.

"Con la morte di Dulbecco la comunità scientifica mondiale perde uno dei suoi più autorevoli testimoni. Era curioso, rigoroso, ottimista, aperto ai giovani e all'integrazione fra saperi diversi, era riuscito, soprattutto attraverso il progetto genoma, ad avvicinare e a chiarire alla gente il ruolo e la funzione sociale del lavoro dello scienziato", dice Luigi Nicolais, presidente del Cnr.

Tra i ricordi dello scienziato, spicca quello commosso del presidente della Repubblica: "Una figura di grande rilievo nel panorama della ricerca scientifica mondiale". "L'ingegno e la tenacia dei suoi studi pionieristici", dice Giorgio Napolitano, "costituiscono uno stimolo affinché il nostro Paese sappia, con coerenza, continuare su questa strada e valorizzare appieno le proprie migliori risorse intellettuali". Il presidente del Senato Renato Schifani esprime il proprio cordoglio, sottolineando quanto il premio Nobel abbia "onorato il Paese in modo esemplare". Il suo lavoro e il suo impegno "continueranno a ispirare il lavoro delle nuove generazioni di ricercatori", rimarca Gianfranco Fini, presidente della Camera. E il presidente del Consiglio Mario Monti, nel manifestare il suo "profondo dispiacere" osserva che "al cordoglio per la scomparsa dello scienziato si unisce la certezza che la sua figura resterà un punto di riferimento per coloro che, soprattutto se giovani, decidono di dedicare la propria vita alla ricerca scientifica".

La gente ha imparato a conoscere il sorriso e la spontaneità di Dulbecco dal palco dell'Ariston di Sanremo, dove nel 1999 salì insieme a Fabio Fazio e Letitia Casta, devolvendo il suo compenso a favore del rientro dei cervelli fuggiti all'estero. "Ha vissuto una vita lunga e piena di successi e di soddisfazioni, da persona libera, di quella libertà mentale che è fondamentale per chi fa ricerca", ricorda oggi Fazio. "Non è stato uno scienziato estraneo al mondo, ma aperto agli altri", forte di "quel coraggio e di quella lucidità che producono le visioni fuori dal comune di chi arriva a qualche scoperta. Una persona speciale, dolce di modi, dal sorriso magnifico e sempre disponibile con tutti".

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Il Nobel Renato Dulbecco, durante la prima serata della 49/ma edizione del festival della canzone di Sanremo nel 1999


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Re Gustavo di Svezia consegna il Nobel per la medicina il 10 dicembre 1975

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IL RITRATTO - Lo scienziato-ponte

di Arnaldo D'Amico



"Il ponte per la California". Così, molti scienziati italiani che lavorano negli Stati Uniti ricordano Renato Dulbecco, per essersi posto, con tutto il peso del suo premio Nobel, come punto di riferimento per i giovani ricercatori del nostro paese che cercavano oltreoceano un laboratorio dove poter continuare il proprio lavoro. Per favorire invece il loro rientro era andato a condurre il festival di Sanremo (edizione di Fabio Fazio) dove sorprese tutti per la sua gentilezza e grande senso dell'ironia. Oltre a devolvere il suo compenso in borse di studio per sostenere la ricerca italiana, l'allora 85enne scienziato di origini calabresi, tra una canzone e l'altra, spiego agli italiani in modo semplice l'importanza della ricerca scientifica per la cura delle malattie e per lo sviluppo economico. Argomenti in cui era stato protagonista: a lui si deve la definizione del ruolo dei virus nell'innescare il cancro (tra questi il più diffuso è quello del collo dell'utero), una scoperta che ha spianato la strada non solo alla prevenzione e alla cura dei tumori ma alle successive scoperte che hanno spostato l'attenzione della ricerca sui geni. Grazie a lui sono diventi il bersaglio su cui tutt'oggi si sta lavorando.

"Dobbiamo a Dulbecco la strategia della ricerca contro i tumori che si sta perseguendo in tutto il mondo - dice da Boston Pier Paolo Pandolfi, direttore del centro di genetica del cancro dell'università di Harvard - E anche il nostro principale strumento di lavoro, il Dulbecco-medium, il terreno di coltura che mise
a punto per far vivere e moltiplicare in laboratorio sia cellule normali che tumorali, e studiarne i meccanismi genetici ed individuarne i punti deboli. Senza il Dulbecco-medium oggi non sapremmo quasi niente del cancro e a questo strumento si deve una intera fase della storia della ricerca oncologica".

Cittadino americano dal 1953, Dulbecco ha sempre mantenuto un forte legame con l'Italia, tanto da essere considerato il padre delle ricerche italiane sulla mappa del Dna, condotte presso l'Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Milano. Solo l'età avanzata e le condizioni di salute precarie hanno interrotto la spola tra Milano e La Jolla, in California, dove viveva e lavorava presso l'istituto Salk. Tuttavia la sua presenza in Italia ha lasciato tracce significative, sia nei risultati scientifici sia nella difesa del valore della ricerca.

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Morto il premio Nobel Renato Dulbecco

Ha cambiato la lotta ai tumori.


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Se oggi sappiamo che i tumori sono malattie dai mille volti e che il primo bersaglio per aggredirli é il loro Dna il merito è di Renato Dulbecco, il pioniere delle ricerche sulla genetica del cancro. In pochi decenni la lotta ai tumori ha imparato a parlare un linguaggio completamente nuovo grazie alle sue ricerche. Nonostante avesse la cittadinanza americana dal 1953, Dulbecco ha sempre mantenuto un forte legame con l'Italia, tanto da essere considerato il padre delle ricerche italiane sulla mappa del Dna, condotte presso l'Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Milano. Solo l'età avanzata e le condizioni di salute precarie hanno interrotto la spola tra Milano e La Jolla, in California, dove viveva e lavorava presso l'istituto Salk. Tuttavia la sua presenza in Italia ha lasciato tracce significative, sia nei risultati scientifici sia nella difesa del valore della ricerca.

Al punto che nel 1999 non ha esitato ad accettare l'invito a condurre il Festival di Sanremo insieme a Fabio Fazio, devolvendo il compenso a favore del rientro in Italia di cervelli fuggiti all'estero. Un'iniziativa simbolica che ancora oggi prosegue nel Progetto Carriere Dulbecco promosso da Telethon. Non è stato solo il palco di Sanremo a favorire la popolarità di Dulbecco: il suo sorriso spontaneo, la cortesia innata e il grande entusiasmo per la ricerca hanno fatto di lui uno "scienziato gentiluomo", schierato in prima fila nelle battaglie a favore della ricerca sulle cellule staminali e per reintrodurre l'Evoluzionismo nei libri scolastici. Nato a Catanzaro il 22 febbraio 1914, Dulbecco si avvicina alla scienza spinto dalla passione per la fisica e arriva alla medicina dopo avere "assaporato" anche chimica e matematica. A 16 anni si iscrive alla facoltà di Medicina dell'università di Torino e segue i corsi dell'anatomista Giuseppe Levi insieme a Rita Levi Montalcini e Salvador Luria. Si laurea con lode nel 1934.

Durante la seconda guerra mondiale è ufficiale medico sul fronte francese e poi su quello russo dove, nel 1942, rischia di morire. Rientrato in Italia, nel dopoguerra torna a Torino. Nel 1947 la grande decisione di trasferirsi negli Stati Uniti per raggiungere Luria, che lavorava lì già dal 1940. Un viaggio che cominciò con una sorpresa: "senza saperlo, ci ritrovammo sulla stessa nave", raccontava mezzo secolo più tardi ancora divertito, ripensando all'incontro inatteso con Rita Levi Montalcini. "Facevamo lunghe passeggiate sul ponte parlando del futuro, delle cose che volevamo fare: lei alle sue idee sullo sviluppo embrionale e io alle cellule in vitro per fare un mucchio di cose in fisiologia e medicina". Sono le strade che entrambi seguono negli Usa e che portano Dulbecco nel California Institute of Technology (CalTech), dove ha una cattedra e comincia ad occuparsi di tumori. Nel 1960 fa la scoperta che nel 1975 lo porterà al Nobel: osserva che i tumori sono indotti da una famiglia di virus che in seguito chiamerà "oncogeni". Nel 1972 lascia gli Usa per Londra, come vicedirettore dell' Imperial Cancer Research Fund. Dopo il Nobel, condiviso con David Baltimore e Howard Temin, ritorna all'Istituto Salk per studiare i meccanismi genetici responsabili di alcuni tumori, in primo luogo quello del seno. Il suo rientro in Italia, nel 1987, coincide con l'avvio del Progetto internazionale Genoma Umano, del quale Dulbecco diventa coordinatore del ramo italiano. Un'esperienza che si arena nel 1995 per mancanza di fondi e che lo riporta negli Stati Uniti.



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