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Addio Pietro Mennea, la Freccia del Sud

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view post Posted on 21/3/2013, 15:18

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Addio Pietro Mennea, la Freccia del Sud

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Pietro Mennea con il ct della nazionale di atletica Enzo Rossi e il giornalista Gianni Mina' dopo aver tagliato la linea di traguardo dei 200 m con il tempo record di 1972 durante le Universiadi a Citta' del Messico il 12 settembre 1979



Se ne va via nel letto di una clinica a Roma, all'età di 61 anni, Pietro Mennea, che correva veloce, più veloce degli altri, tanto da diventare campione olimpico, e per 17 anni (1979-1996) restare il primatista mondiale dei 200 metri, con 19''72, tutt'ora record europeo.
- Un uomo solo contro i mulini a vento
Medaglia d'oro nei 200 alle Olimpiadi di Mosca '80, l'atleta, nato a Barletta il 28 giugno 1952, primo al mondo ad arrivare in finale ai Giochi Olimpici in quattro edizioni consecutive (da Monaco '72 a Los Angeles '84) era da tempo malato di cancro.

Plurilaureato (in Scienze politiche, scienze motorie e Lettere), è stato anche eurodeputato dal 1999 al 2004. Era un uomo un po' chiuso. Sembrava in eterna lotta col mondo e in parte lo era. Ha rappresentato molto, non solo nello sport e nell'atletica. La possibilità di riscatto per un omo nato nel Sud d'Italia e con una forte determinazione. Ha combattuto il doping in grande anticipo su molti. Sposato con Manuela Olivieri, Mennea ha ricoperto, a livello sportivo, anche la carica di direttore generale della Salernitana nella stagione '98-99 ma è stato anche eurodeputato dal '99 al 2004 e docente universitario all'Università "Gabriele d'Annunzio" di Chieti-Pescara La camera ardente è stata allestita al Coni. Dove verranno ricordate le sue imprese e le sue conquiste (un oro e due bronzi olimpici, un argento e un bronzo ai Mondiali, tre medaglie d'oro, due d'argento e una di bronzo ai campionati europei).

Nel 2006 ha fondato con la moglie Manuela Olivieri la Fondazione Pietro Mennea, sostenendo la ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive.

fonte

LA FRECCIA DEL SUD E QUEL 19"72 DURATO 17 ANNI - Pietro Mennea può essere considerato uno degli atleti più decorati nella storia dello sport italiano. Nato il 28 giugno 1952, a Barletta, per 17 anni è stato detentore del primato mondiale dei 200 metri, stabilito alle Universiadi di Città del Messico, nel 1979. Partecipò alla rassegna da studente in scienze politiche e polverizzò il precedente record che apparteneva a Tommie Smith. Un altro statunitense, Michael Johnson gli strappò il primato alle Olimpiadi di Atlanta, nel 1996.

Soprannominato la 'Freccia del sud', tutt'ora detiene il primato europeo e italiano dei 200 metri. nel 1980, a Mosca, con una straordinaria rimonta, conquistò la medaglia d'oro, sempre nei 200 metri, che si somma ai quattro titoli europei, a un argento e un bronzo ai Mondiali, ma anche ad altri due bronzi olimpici, il primo dei quali conquistato sulla pista di Monaco di Baviera ai Giochi del 1972, nella gara vinta dal sovietico Borzov. Mennea è stato anche straordinario staffettista e ha pure trovato fortuna nei 400 metri piani. Stamattina, però, ha perso la sua gara più importante.


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Diceva che la sua corsa non sarebbe mai finita. E invece Pietro Mennea si è fermato in una mattina che saluta l'arrivo della primavera, lui che aveva legato la sua vita a immagini solari: come quella di Città del Messico quando in 19"72 portò il mondo della velocità avanti di 20 anni. Una coppia di numeri diventati magici, e che per 17 anni lo resero l'uomo più veloce della terra. Con la sua morte il mondo dello sport perde uno dei suoi campioni simbolo: la freccia del Sud, quel ragazzo bianco, esile, ma caparbio e tignoso come nessuno, si è spento in una clinica romana: avrebbe compiuto 61 anni il prossimo 28 giugno, ma un male incurabile è stato più veloce e forte di lui. Mennea non era forse un predestinato, non uno special one, non aveva le fibre giuste per diventare un campione, ma laddove il fisico non c'era interveniva l'abnegazione alla fatica e all'allenamento: vent'anni dedicati anima e corpo all'atletica e quei 200 metri corsi da imperatore nel 1979 alle Universiadi messicane: qualcuno malignamente ipotizzò che fosse stata tagliata la curva, perché quel 19"72 sul tabellone lasciò tutti a bocca aperta. Ma le immagini smentirono i critici e spazzarono via i dubbi degli invidiosi. E infatti il ragazzo di Barletta appena un anno dopo vinse l'oro sulla stessa distanza ai Giochi di Mosca, dopo una rimonta mozzafiato.

"La fatica non è mai sprecata, soffri ma sogni. Per battere il tempo devi saper soffrire" ripeteva sempre il dottor Mennea, una pioggia di lauree, la carriera politica, quella di avvocato e commercialista, le battaglie come curatore fallimentare per i risparmiatori italiani nell'azione contro Lehman Brothers. Tutto dopo aver fagocitato per anni il tartan negli stadi del mondo. Una vita decisamente non "piatta" raccontava sorridendo prima di spegnere le 60 candeline: un traguardo a cui era arrivato con serenità, perché era sicuro che quella data gli apriva le porte per un'altra corsa. "Tutti i giorni ricomincio e riprovo una sfida nuova - diceva - la corsa non finisce mai, prima lo facevo in pista, adesso altrove. Io lo so, non mi fermerò mai". Scriveva libri, ma non per rievocare quegli anni in cui l'uomo bianco sfidava e batteva tutti. Cinque Olimpiadi e quel tandem cabalistico (i numeri del suo record la gente li gioca ancora al lotto) diventato un documentario: ma mai un peso nella vita di Mennea, che non amava guardare troppo indietro.

Non era uno che poteva vivere di rendita, non se lo era mai potuto permettere. Nemmeno quando la potenza delle sue gambe, quanto quella della sua testa cocciuta e caparbia, lo aveva portato a diventare un campione. La Freccia del sud, come lo chiamavano in pista, quel ragazzino magrolino e "sfigatello" per usare le parole dello stesso Mennea sbarcato a Formia alla corte del maestro Carlo Vittori, aveva scombinato le previsioni di tutti. Coach compreso. "se avessi avuto il fisico di Bolt i miei record sarebbero stati altri - ricordava Mennea che pure al giamaicano aveva dedicato il suo 24/o libro - ma madre natura con me non era stata troppo generosa. Io ho costruito tutto sull'allenamento, la fatica, la dedizione". Già, le sue compagne in quelle interminabili giornate divise tra palestra e ripetute senza fine. "Dalla vita non puoi avere tutto, e allora compensi con altro..." raccontava, con la consapevolezza di chi sa di aver portato cuore e gambe oltre l'ostacolo". Quando lo incontrò, Cassius Clay, il mito del ring, sgranò gli occhi: "E che l'uomo più veloce della terra è bianco?" gli disse il pugile. "Ma io dentro sono più nero di te..." gli rispose con la battuta pronta il giovane Mennea. Di strada Pietro di Barletta ne aveva fatta tanta, anche quando le piste non erano più le sue: a Londra Sebastian Coe, per i Giochi della scorsa estate, gli ha voluto dedicare una fermata della metro. Perché Mennea è rimasto per tutti un campione, un uomo normale diventato speciale. "Nello sport si deve vincere, ma poi conta vincere nella vita - diceva con la saggezza che anche la fatica dell'atletica gli aveva donato - e quella è la corsa più difficile". E in sé aveva la certezza che come scriveva Nazim Hikmet "il più bello dei nostri mari é quello che ancora non navigammo". "La prova più importante deve ancora arrivare" il suo lieve epitaffio. Eppure le sue gare sono finite. Ha ragione l'eterno rivale Borzov: stavolta è stato troppo veloce.


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Il record di Mennea: 19''72 nei 200 metri

12 settembre 1979 - L'impresa del velocista italiano a Città del Messico nella cronaca di Gianni Minà sulla Rai: il suo record sui 200 metri piani ha resistito per ben 17 anni. Il primato venne battuto da Michael Johnson ai trials statunitensi per le Olimpiadi del 1996.



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Mennea, la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Mosca

L'atleta italiano trionfa in rimonta nei 200 metri alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, un anno dopo il record del mondo sulla stessa distanza




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Simeoni: ''Pietro era un solitario tenace''

"Oggi mi rendo conto di quello che hanno significato i nostri risultati, venuti dalla voglia di cimentarsi in questo sport". Sara Simeoni "con un gran magone" ricorda Mennea come "un ragazzo estremamente determinato che dopo le gare non andava a divertirsi. Intervista di Emiliano Bernardini (Radio Capital)


 
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