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Addio a Enzo Jannacci, i funerali martedì. L'ultimo saluto della sua Milano

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view post Posted on 30/3/2013, 18:11

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Addio a Enzo Jannacci, i funerali martedì. L'ultimo saluto della sua Milano


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Si svolgeranno con tutta probabilità martedì i funerali di Enzo Jannacci. La Camera Ardente resterà aperta domani e lunedì alla casa di cura Columbus, in via Buonarroti 48 a Milano, dove ieri sera, a 77 anni, è morto il cantautore. E nonostante il cattivo tempo e le festività pasquali, i milanesi sono arrivati per rendere l'ultimo saluto a uno degli artisti simbolo del capoluogo lombardo. La Camera Ardente sarà aperta fino alle 18.

ROSE SOTTO CASA, LA GENTE RICORDA IL POETA-MAESTRO - Tre rose rosse e un foglietto attaccato al mazzetto di fiori con la scritta: "...nelle orecchie, nella gola e nel cuore...Ciao Maestro!", messi in un angolo, discretamente, del portone del palazzo di casa, in viale Romagna, a Milano. Anche così un milanese ricorda Enzo Jannacci. E alla Camera Ardente le parole, anzi gli aggettivi, che sono risuonate di più, fra le persone comuni che sono venute a fare una visita alla salma, nonostante il maltempo e la giornata festiva, sono state: "poetico, surreale, grande". Qui, ai piedi della bara, sono state deposte gerbere e rose gialle. "Era una persona che aveva una visione poetica e surreale del mondo - ricorda Silvana Casarotto Guarnaccia, che aveva lavorato con il cantautore per le etichette 'Ultima Spiaggia' e 'Dischi Ricordi' -. Era imprevedibile e per questo motivo specialissimo". A salutarlo, sotto la pioggia battente, sono venuti anche colleghi di lavoro, come il cantante e compositore Ricky Gianco, "é un grande dolore" di è lasciato sfuggire", il comico Paolo Rossi e il cabarettista Cochi Ponzoni e poi l'ex sindaco di Milano, Carlo Tognoli.

ORNELLA VANONI, SE NE E' ANDATA PARTE MIA VITA
- "Caro amico, matto e geniale, quante giornate felici, quante risate. Che tempi belli abbiamo vissuto insieme. Te ne sei andato e con te se ne è andata anche una parte della mia vita": con queste parole Ornella Vanoni, su Twitter, ha voluto ricordare Enzo Jannacci, morto ieri sera a Milano dopo una lunga malattia.

IL COINQUILINO BALDAN BEMBO, NON SE LA TIRAVA - "Era riservato, si faceva vedere poco, non speculava sul suo personaggio. Non si faceva grande di essere il grande Enzo. Era un vicino di casa normale, come la gente comune". Ricorda così Jannacci, il cantante e compositore Dario Baldan Bembo, 65 anni, che risiede nello stesso palazzo, in viale Romagna a Milano, dove ormai da tanti anni abitava l'artista scomparso ieri. Al terzo piano Baldan Bembo, al sesto "il grande Enzo". "Ci si vedeva nelle feste comandate, a Pasqua e Natale, e poi gli artisti fra loro non è che si vogliano tanto vedere - ha ricordato con una punta di amarezza il cantautore coinquilino -. Lui viveva con la moglie Pupa e con il Paolo, il figlio, che però da qualche anno si è sposato e si è ovviamente trasferito. Fra noi c'era grande stima e rispetto reciproci. Non abbiamo suonato insieme perché i nostri sono due generi molto diversi". "Mancherà a me e a Milano - ha concluso Baldan Bembo -. Era una 'cariatide', in senso buono, della musica milanese, come Gaber e tanti della sua generazione. Ci mancherà".

CLUB TENCO, ADDIO A SUA POESIA INFALLIBILE - Il club Tenco "saluta" Enzo Jannacci "con tutto il dolore di una perdita così grande ma anche con la gratitudine di aver sempre ricevuto da lui il soffio leggero di una poesia spiazzante e infallibile". Il club Tenco ricorda i premi attribuiti al cantautore milanese nel corso degli anni: dal Premio Tenco del 1975, alle tre targhe per la più bella canzone dell'anno fino al riconoscimento per il migliore album in dialetto. "Dentro quella voce - si legge in una nota del Club Tenco - si poteva nascondere qualcosa di molto serio, spesso tragico, ma anche dolce e levigato come il suo volto. Enzo Jannacci sapeva in questo modo 'dire' più dei tanti parolai che ci tocca ascoltare tutti i giorni. Sapeva esprimersi più e meglio di tutto il bla-bla quotidiano di cui a suo modo si faceva beffe".

MARONI, 'RIPOSA IN PAS CUNT I TOO SCARP DE TENIS' - 'Addio a Enzo Jannacci, cuore e musica di Milano. Riposa in pas, cunt i tòo scarp del tenis': così Roberto Maroni, segretario della Lega e presidente della Regione Lombardia (oltreché musicista) ricorda su twitter Enzo Jannacci, morto ieri a Milano.

COCHI PONZONI, MI E' MORTO UN FRATELLO - "Parlare di Enzo? E' come parlare di un fratello, un fratello che è morto. Abbiamo vissuto talmente tante esperienze insieme, viaggi, cose della vita, lavoro, che per me era uno di famiglia": Aurelio Ponzoni, in arte Cochi (del celeberrimo duo Cochi e Renato), parla con commozione ma senza alcuna retorica della vita e della morte di Jannacci. E all'ANSA racconta quanto ha voluto bene al compositore-cantante morto ieri sera a Milano. "Certo Enzo era un grande artista, un poeta, un uomo eccezionale. Uno che ha compiuto nella sua vita tante di quelle cose che ce ne vorrebbero tre di vite, jazzista, compositore, attore, era pure diplomato in composizione all'accademia. E poi medico, e che medico! Uno che ha avuto esperienza con gente dal calibro di Barnard e con Azzolina... ma per me e Renato è stato soprattutto un grande amico, un fratello maggiore uno che ci ha tanto aiutato". "Ci siamo conosciuti nel '64, lui era gia' famoso, aveva già avuto il successo di Scarp de tennis, io e Renato eravamo dei ragazzini. Noi facevamo cabaret al Cab 64 di Milano, lui è venuto a vederci, gli siamo piaciuti e così abbiamo cominciato a frequentarci. Lui ci ha aiutato, noi facevamo i testi e lui spesso li musicava. Ad esempio La vita l'é bela è stata musicata da lui...". I ricordi sono tanti, Cochi con voce pacata snocciola una vita di sodalizio artistico: "Nel '69 abbiamo fatto insieme una tournee teatrale, si intitolava 'Saltimbanchi si muoré. Lui si riconosceva in questo termine 'saltimbanchi'...come tutti noi che facciamo spettacolo", conclude.

MORANDI, UN INNOVATORE DALL'IMPRONTA INCONFONDIBILE - "Un grande artista ci ha lasciato, Enzo Jannacci. Un poeta estroso, ironico, geniale, con quella vena malinconica, ma così sublime.... un innovatore, capace di lasciare sempre la sua inconfondibile impronta. Ciao Enzo, ci mancherai". Così Gianni Morandi, con un post questa mattina sulla sua pagina Facebook, ricorda l'artista scomparso ieri a Milano, accompagnandolo con una foto giovanile che ritrae in scena lo stesso Morandi con Jannacci e Adriano Celentano.

FABIO FAZIO, ERA UN GENIO - "Enzo Jannacci era un genio": con questo twitt Fabio Fazio ricorda l'artista scomparso stasera. "Le sue parole che non riuscivano a star dietro ai suoi pensieri. La sua poesia - conclude Fazio - ha inventato un mondo bellissimo".

FRANCESCO GUCCINI, BUON VIAGGIO - "Quelli che... Adesso sanno l'effetto che fa. Buon viaggio": con questo pensiero, postato su Twitter, Francesco Guccini ricorda Enzo Jannacci morto questa sera a Milano.

I NOMADI, GRANDE ARTISTA... SALUTACI LE STELLE! - "Ciao Enzo, Grande Artista... salutaci le stelle!". Così i Nomadi ricordano Enzo Jannacci su Facebook, allegando il video live di 'Vincenzina e la fabbrica'.

Medico del cuore e dell'anima, Vincenzo Jannacci, detto Enzo, è stato uno degli storici protagonisti della scena musicale del secondo dopoguerra. Certamente unico nel suo saper coniugare intelligenza e satira, analisi della realtà e inesauribile gusto del paradosso. Milanese convinto - a Milano era nato il 3 giugno 1935, a Milano è morto venerdi' sera - si può considerare tra i caposcuola del cabaret italiano, ma è stato anche autore di quasi trenta album, e di varie colonne sonore ed ha lavorato per il teatro, il cinema e la tv. E' ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni.

Dopo gli studi classici si era laureato in medicina per lavorare poi in Sudafrica e poi negli Stati Uniti. La sua formazione musicale ha radici altrettanto classiche e inizia al conservatorio ma la scoperta del rock and roll avviene presto. I suoi primi compagni di viaggio sono Tony Dallara, Celentano e poi Giorgio Gaber con il quale forma il duo de I due corsari, che debutta nel 1959. Ma prosegue parallela la sua carriera di solista e quella di autore, tanto che Luigi Tenco sceglie una della sue canzoni, Passaggio a livello, e la pubblica nel 1961. Lavora con Sergio Endrigo. Lavora anche con Dario Fo, Sandro Ciotti. Poi la grande popolarità arriva con il surreale Vengo anch'io, no tu no tanto che diventerà sua la ribalta televisiva, fino a quella di Canzonissima. Ma sarà spesso anche in teatro e non disdegnerà apparizioni in film di grandi registi come Ferreri, Wertmuller, né di esercitarsi come compositore di colonne sonore come fece per Mario Monicelli. Dopo un periodo di oblio all'inizio degli anni '80 torna alla ribalta tanto che incide un disco come Ci vuole orecchio, che raggiunge il livello di popolarita' di Vengo anch'io.

Del 1981 é un trionfale tour in tutta Italia. Nel 1994 si presenta per la terza volta al Festival di Sanremo in coppia con Paolo Rossi con il brano I soliti accordi, insolitamente dissacrante per la manifestazione, che è anche il titolo del rispettivo CD, arrangiato da Giorgio Cocilovo e il figlio Paolo Jannacci. Tra un album e l'altro, poi nel 2000 torna a lavorare infine con Cochi e Renato, altra storica coppia con cui ha collaborato a lungo, per Nebbia in val Padana. Oramai la tv lo celebra, come fa il 19 dicembre 2011 Fabio Fazio che conduce uno speciale su di lui in cui amici di lungo corso lo omaggiano interpretando suoi brani. Tra cui Fo, Ornella Vanoni, Cochi e Renato, Paolo Rossi, Teo Teocoli, Roberto Vecchioni, Massimo Boldi, Antonio Albanese, J-Ax, Ale e Franz, Irene Grandi e altri. Enzo Jannacci compare nell'ultima parte dell'evento cantando due sue canzoni.




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ansa.it

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Enzo Jannacci, il poeta medico
che non volle vivere da artista



Provare a contenere in poche righe la carriera, la vita, la personalità di Enzo Jannacci è francamente impossibile, troppe canzoni, troppe emozioni, troppo teatro, cinema, televisione. Troppa vita, volendola dire tutta. Vita vissuta per davvero. Sì, perché a differenza di tanti altri Jannacci è stato un artista vero e non ha mai voluto vivere da "artista". Era rimasto medico, era rimasto in contatto con la vita vera, sempre e comunque, quella vita che era stata fonte di ispirazione per tante, per tutte le sue storie, le sue canzoni, la sua arte. Era un intellettuale straordinario, ma allo stesso tempo un meraviglioso saltimbanco, un artista di strada ma anche e soprattutto un poeta. Jannacci incarnava insomma, un modo di essere cantautore che si era creato e ritagliato su misura, differente da tutti i suoi colleghi, lontano da ogni tipo di ansia, di ricerca di successo, e metodicamente calibrato sul rapporto con il pubblico, con chi decideva di ascoltarlo una volta e poi, inevitabilmente, gli restava legato per sempre.

Jannacci ha saputo trasformare la canzone in tante cose differenti, in cabaret, in teatro, in allegoria, in attualità, in cronaca, in poesia, in arte, in divertimento, in equilibrismo e leggerezza, in ricerca e passione. Perché la musica, la canzone, era il centro del suo coloratissimo e mutevole mondo, un mondo fatto di melodie e di ricette mediche, di battute e di sofferenze. Un mondo fatto di musica suonata, cantata, vissuta fino in fondo.

Milanese, figlio di emigrati, Jannacci esordisce nella musica a vent'anni, amando il jazz e il rock'n'roll, entrando a far parte nel 1956 dei Rocky Mountains con Tony Dallara e facendo notte nei club della sua città, dal Santa Tecla all'Aretusa. Ed è proprio al Santa Tecla che va in scena con la sua nuova band, i Rock Boys di Adriano Celentano e con loro si esibisce al Palazzo del Ghiaccio al primo festival rock'n'roll italiano, nel 1957. Jannacci non si accontenta di suonare una cosa sola, non gli basta esprimersi in un solo territorio. Mentre è con i Rock Boys di Celentano mette su un duo con il suo amico Giorgio Gaber, i Due Corsari, e mentre suona con questi frequenta anche i locali del jazz, suonando con i migliori jazzisti milanesi e offrendo i suoi servigi come pianista alle stelle americane che arrivano a Milano. E come se tutto questo non bastasse, inizia anche a incidere i suoi primi 45 giri da solo, mettendo insieme tutto quello che ama, il rock'n'roll, il jazz e anche la sua naturale propensione comico-cabarettistica.

Accade tutto velocemente nella Milano che passa dagli anni Cinquanta ai Sessanta, una città vivace e attenta, dove la musica, le idee, circolano rapidamente, passano di bocca in bocca, e ogni giorno c'è un nuovo progetto, una nuova avventura, un un nuovo spettacolo da mettere in scena. Jannacci scrive canzoni per se stesso e per gli altri (Gaber e Tenco sono i primi a cantare per lui), le sue canzoni sono cariche di ironia e di passione, spesso sono storie piccole, di emarginati e dimenticati, che Jannacci ama far diventare eroi romantici e disperati. Il suo modo di stare in scena, surreale, distaccato, personalissimo, lo porta naturalmente verso il teatro, e nel 1962 esordisce ufficialmente sul palcoscenico nello spettacolo "Milanin Milanon", con Tino Carraro e Milly. Poi tutto prende forma in un unico, importantissimo luogo, dove Jannacci finalmente riesce a convogliare tutte le sue passioni, il jazz, il cabaret, il rock'n'roll, la canzone d'autore, il teatro. Quel locale è il Derby, a Milano, una straordinaria piattaforma di lancio per una intera generazione di artisti, cantanti, attori, autori, che si legano l'un altro, si confrontano, crescono, cambiano, inventano, ogni sera, in una febbre creativa che diventa di stimolo per molti altri, che nel locale milanese trovano un punto di riferimento importantissimo.

Anno dopo anno Jannacci va avanti, continuando a fare il medico, e il successo arriva e si allarga, collabora con Dario Fo ("Ho visto un re") e con Cochi e Renato, Lauzi, Toffolo, Andreasi, lo chiama Lizzani a recitare in un film, approda in televisione dove per molti anni sarà protagonista di gag e canzoni ancora oggi inimitabili. Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta Jannacci mette a segno non solo canzoni memorabili come "Vengo anch'io, no tu no", "Faceva il palo", "Messico e nuvole" (scritta da Paolo Conte), "Ragazzo padre", ma scala persino le classifiche di vendita, recita ancora al cinema con Monicelli, collabora con Fiorenzo Fiorentini e Luciano Bianciardi, con Beppe Viola e Marco Ferreri, collabora addirittura alla realizzazione dello storico Carosello del "Pianeta Papalla", il tutto mentre prende la specializzazione in chirurgia, lavorando in Sudafrica con l'equipe di Christian Barnard, rinunciando a godere del successo ottenuto con "Vengo anch'io", scegliendo di restare con i piedi per terra e il cuore nella vita.

E così sarà per tutti gli anni Settanta, dove alternerà la sua atività di medico alle produzioni televisive ("Il poeta e il contadino" del 1973, "Saltimbanchi si muore" del 1979) alla realizzazione di colonne sonore (magnifica quella di "Romanzo Popolare" di Monicelli, ma anche quelle di film diretti da Bolognini, Wertmuller, Samperi, le canzoni sporadiche (da "La Gallina" e "La canzone intelligente" per Cochi e Renato alla bellissima "Silvano"), e gli album, come, nel 1975 un vero capolavoro intitolato "Quelli che...". E' un ritorno al successo, che non lo lascerà più, soprattutto negli anni Ottanta, dove metterà a segno non solo delle canzoni di grande impatto, sia quelle più ironiche sia quelle più drammatiche e appassionate, ma anche degli straordinari spettacoli dal vivo, e poi ancora cinema, teatro, televisione, fino alla sua prima partecipazione al Festival di Sanremo, nel 1989, con "Se me lo dicevi prima", seguita nel 1991 da una seconda partecipazione con "La fotografia", magnificamente interpretata anche da Ute Lemper.

Ma gli anni Novanta non fanno per lui, la sua Milano è cambiata, le storie che a lui piace raccontare non riescono a trovare una casa discografica disposta a pubblicarle e per ben sette anni non esce un solo disco a sua firma. Nel 2001 finalmente pubblica un nuovo album con la collaborazione del figlio Paolo, l'anno seguente vince la Targa Tenco con "Lettera da lontano", premio che vince di nuovo nel 2003. Ma i tempi sono ormai cambiati, Jannacci è uno dei "senatori" della canzone d'autore, amato, rispettato, lodato, premiato, ma ornai lontano da un mondo musicale che si muove al ritmo dell'elettronica e degli mp3.

Non c'è stato in Italia nessun'artista simile a lui, con la sua straordinaria comunicativa, con la sua eclettica intelligenza, con la sua capacità di essere comico, drammatico, appassionato, romantico, ironico, attore e autore, cantante e cabarettista, scrittore e inteprete. E' stato capace di rappresentare un'Italia in grado di essere creativa e solidale, impegnata e divertente, piccola e grande nelle sue miserie e nei suoi splendori. Ed è un autore che meriterebbe di essere scoperto dalle giovani generazioni, che non hanno avuto magari il piacere di vederlo in scena, di scoprirne le doti più profonde, di amarlo come ancora meriterebbe di essere amato.

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Jannacci: ''Vengo anch'io, no tu no''

Tra i più grandi successi di Jannacci, scritto insieme a Dario Fo e Fiorenzo Fiorentini, ha raggiunto la vetta delle classifiche italiane di vendita




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Jannacci con Fo e Gaber nel 1968: ''Ho visto un re''
Dario Fo, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber cantano “Ho visto un Re”, uno dei brani simbolo del 1968




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Jannacci: "E la vita la vita''
"E la vita, la vita" del 1974, scritto dall'artista ed interpretato dal duo "Cochi e Renato", con la collaborazione di Fo e Poli. In questo video Jannacci canta la canzone in un concerto tenuto per la RSI Radio Svizzera Italiana nel dicembre 1986



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Jannacci, Ligabue lo ricorda con un video del '96
Ligabue ha ricordato il cantautore con un tweet del video del 1996, quando, ospite della trasmissione “Il Laureato Bis“ condotta da Piero Chiambretti e Enzo Jannacci, si è esibito in duetto in “Ci vuole orecchio” e “Certe notti”



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Jannacci e Vasco: il duetto nel 1983
Jannacci accompagna al piano un giovanissimo Vasco Rossi nella canzone 'Vita spericolata', nel corso di una trasmissione condotta dal cantautore nel 1983



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view post Posted on 3/4/2013, 01:05

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«Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale»

I funerali di Enzo Jannacci nella basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Tra amici, parenti, fan e conoscenti

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"Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale, cantavi anni fa. Ebbene, ora ci siamo, al tuo funerale e siamo tanti, siamo tutti». Don Roberto Davanzo, direttore della Caritas ambrosiana, lo saluta così, durante l'omelia.

Tanti milanesi, di tutte le generazioni, affollano la basilica e il chiostro di Sant'Ambrogio. Sono tutti qua, per Enzo Jannacci, che se n'è andato venerdì scorso. Aveva 77 anni. C'è anche una bandiera del Milan - più che la sua squadra, la sua fede calcistica – che spunta da dietro l'altare, accanto al gonfalone giallo di Milano. Due simboli per tributare un ultimo omaggio alla milanesità dell'«Enzino».

Ad accompagnare il feretro arrivano la moglie Giuliana e il figlio Paolo, musicista anche lui. E intorno gli amici di una vita, Dario Fo e Franca Rame, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Adriano Celentano e Claudia Mori, Roberto Vecchioni, Ombretta Colli, Fabio Fazio. E ancora, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, Morgan, Enrico Beruschi, il governatore Roberto Maroni, Shel Shapiro, Mara Maionchi e molti altri.
Al termine della cerimonia, la salma viene trasportata al Famedio, il cimitero dove sono sepolti i milanesi illustri. Tra applausi e pianti.

Le preghiere sono intramezzate da versi e parole di Jannacci. Cuore urgente, come quello di Giovanni telegrafista, canzone tra le più memorabili, El purtava i scarp del tennis, storia staziante di un «barbùn» che muore tra il cinismo degli altri.

Don Davanzo, che con la Caritas fondò proprio Scarp de tennis, il giornale dei senza tetto, dice: «Precisavi anche che si potrebbe andare al tuo funerale “per vedere se la gente poi piange davvero”. E questo te lo possiamo garantire. Perché ti abbiamo voluto bene tutti. Grazie perché ci hai insegnato a essere tutti più umani»


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Paolo Jannacci

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Roberto Vecchioni

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Massimo Boldi e Cochi Ponzoni

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Gino e Michele

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Adriano Celentano e Claudia Mori

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Teo Teocoli

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Renato Pozzetto
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foto Ansa e Vanity Fair
 
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